Massimo D’Azeglio
Massimo Tapparelli D’Azeglio nasce a Torino nel 1798. Fu scrittore, pittore, uomo politico. Il padre, il marchese Cesare Tapparelli D’Azeglio (Azeglio: Comune nella provincia di Torino; il feudo Azeglio è appartenuto dalla metà del XIX secolo ai marchesi Tapparelli), importante politico piemontese di ispirazione cattolica, voleva avviarlo alla carriera militare, ma il giovane Massimo preferiva occuparsi di arte e letteratura. Si dedicò con passione alla pittura e successivamente anche alla scrittura. Dipinse soprattutto paesaggi e scene storiche e letterarie, scegliendo argomenti tipicamente romantici.
Massimo d’Azeglio dopo un’infanzia e un’adolescenza passate tra Torino e Firenze (al seguito della famiglia) visse a lungo a Roma, dove trovò terreno fertile per coltivare le sue aspirazioni artistiche. La rottura però, della sua relazione con la contessa Morici, dalla quale ebbe una figlia, Bice, lo indusse a ritirarsi a Torino, nella casa paterna. Vi restò fino alla morte del padre, nel Novembre del 1830, per trasferirsi subito dopo a Milano, cercando un ambiente più favorevole alla sua attività artistica. Non era passato molto tempo dalla perdita del padre (col quale Alessandro Manzoni aveva avuto, anni prima, un carteggio d’argomento letterario), quando si presentò in casa Manzoni. Quest’incontro era stato sollecitato da Massimo d’Azeglio sia per motivi d’interesse culturale, sia per il desiderio di Massimo di “accasarsi” sposando la figlia maggiore del Manzoni, Giulietta. La ragazza dopo qualche titubanza per la grande differenza di carattere – lui estroverso e disinvolto, lei introversa e timida – infine accettò. Si sposarono il 21 di Maggio del 1831. Nel 1833 ebbero una bambina, Alessandra (Rina), e nello stesso anno fu pubblicato il romanzo storico del D’Azeglio Ettore Fieramosca ossia la disfida di Barletta, che riscosse un grandissimo successo. Nell’autunno dell’anno successivo morì Giulietta, e meno di un anno dopo Massimo si risposò con Luisa Maumary – moglie in prime nozze di Enrico Blondel, zio della prima moglie di Massimo D’Azeglio, Giulia Manzoni; Luisa, rimasta vedova molto giovane, sposò in seconde nozze (1835) Massimo d’Azeglio, da poco vedovo di Giulia; veniva chiamata in casa Manzoni “tante Louise” -, che si prenderà amorevole cura della piccola Alessandra, anche dopo la separazione dal marito, qualche anno dopo. I matrimoni di Massimo non furono felici, probabilmente a causa della sua indole troppo indipendente, mal tollerata (anche se in misura diversa, e con reazioni differenti) sia dalla “introversa” Giulia che dalla “impetuosa” Luisa.
L’attività pittorica di Massimo prosegue, ma il successo e le ripetute edizioni dell’Ettore Fieramosca lo inducono a mettere mano ad un secondo romanzo storico, Niccolò de’ Lapi ovvero i Palleschi e i Piagnoni, che pubblicò nel 1841. Questo romanzo, frutto di estese ricerche storiche, anche se non ebbe il clamoroso successo del precedente dette comunque grandi soddisfazioni all’autore, ma soprattutto segnò per il D’Azeglio l’inizio di un’“evoluzione”. I suoi interessi si spostarono lentamente verso l’approfondimento storico e quindi verso la politica.
Nel 1842 inizia dunque la sua attività di politico, che lo porterà a pubblicare nel 1846 Degli ultimi casi in Romagna, e nel 1847 la Proposta di un programma per l’opinione nazionale italiana, vero e proprio manifesto del partito moderato. Successivamente il D’Azeglio partecipò attivamente alla lotta patriottica restando ferito (10 Giugno ’48) durante la difesa di Vicenza, e il 7 Maggio del 1849 ottenne la nomina a Presidente del Consiglio dei Ministri da parte di Vittorio Emanuele II. Fu Presidente del Consiglio fino al 22 di Ottobre del ’52 in un periodo particolarmente difficile per lo stato sabaudo, dopo la sconfitta subita dall’Austria. Fu lui a “scoprire” e valorizzare Cavour, il quale, con la spregiudicatezza che lo caratterizzava, prima lo mise in ombra e poi prese il suo posto dirigendo per quasi un decennio la politica italiana.
Il D’Azeglio continuò la sua attività politica tra incarichi minori e scritti politici, mettendosi sempre, con grande spirito patriottico, a disposizione al momento del bisogno. Ebbe molti avversari, specialmente per la sua opposizione alla creazione di un unico Regno italiano a sola guida piemontese: riteneva che non fossero maturi i tempi per l’unificazione, e propendeva per stati confederati secondo il modello tedesco; nessuno comunque mise mai in discussione la chiarezza del suo linguaggio e la sua onestà.
D’Azeglio trascorse gli ultimi anni della sua vita nella villa di Cannero sul lago Maggiore. Lì si dedicò alla stesura delle sue memorie, pubblicate incompiute dopo la morte (avvenuta a Torino il 1866), col titolo “I miei ricordi”.
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