Cenni sull’Interpungere Manzoniano – La Lineetta
Com’è noto, la lineetta era (considerando come periodo di riferimento la prima metà del XIX secolo) un segno d’interpunzione piuttosto recente, di probabile origine inglese. Sembra che il primo testo in cui compare sia la traduzione cesarottiana delle poesie di Ossian (Padova 1763), che con la sua notorietà avrà contribuito a diffonderlo. Esso infatti furoreggia fra tardo Settecento e primo Ottocento, al punto da suscitare la protesta del Leopardi: “Che è questo ingombro di lineette, di puntini, di spazietti, di punti ammirativi doppi e tripli, che so io?” (Zibaldone, p. 975). Il Foscolo ne fece scialacquo nella traduzione di Sterne e nell’Ortis, con un vasto settore d’impiego, perché, oltre ad introdurre turni dialogici e...
Leggi tuttoEnrichetta Manzoni Blondel
Era il 1807 quando la madre di Alessandro Manzoni, Giulia Manzoni Beccaria, dopo che due o tre altri disegni matrimoniali per Alessandro erano sfumati, appuntò la sua attenzione su Enrichetta Blondel, allora sedicenne. Giulia aveva conosciuto la famiglia Blondel grazie a un’amica, Carlotta Blondel, parente dei futuri consuoceri.¹ Enrichetta era nata nel 1791 a Casirate d’Adda, provincia di Bergamo. La madre, Maria Mariton, fervente calvinista, era originaria della Linguadoca, mentre il padre, Francesco, era svizzero. Emigrato in Italia nel 1771, fondò un’industria tessile e si arricchì con l’allevamento e il commercio di bachi da seta (si ricordi la “filanda” dei Promessi sposi). Enrichetta era la terza di otto figli che il padre volle tutti...
Leggi tuttoCenni sull’Interpungere Manzoniano – Introduzione
Pubblico in questo spazio alcuni capitoli della mia tesi triennale “L’evoluzione della punteggiatura nei Promessi Sposi“. Considerati i notevoli interventi del Manzoni sul piano lessicale e fonomorfologico, lo scopo di questo studio era quello di appurare se trasformazioni di un certo peso, anche se non di tale portata, si fossero verificate anche riguardo alla punteggiatura. Tra le caratteristiche generali dell’interpungere manzoniano (caratteristiche che permangono quindi da un’edizione all’altra), possiamo annoverare: 1) La rigorosa distinzione, attraverso convenzioni tipografiche costanti, tra il parlato [""] e il discorso mentale [- -], che così spesso e così efficacemente si alternano e si fanno contrappunto nel romanzo...
Leggi tuttoAdelchi in Musica
Nonostante il giudizio estremamente severo del Manzoni, non possiamo, noi posteri, non riconoscere lo straordinario pregio di un’opera come l’Adelchi, che offre non solo spunti di riflessione, ma anche monologhi di una potenza – dal punto di vista filosofico – e di una forza drammatica inimitabili. Riporto qui un piccolo esperimento che è consistito nel mettere in musica le ultime parole che Adelchi rivolge al padre – non proprio “le ultimissime” (quelle che chiudono la scena decima del quinto atto), bensì alcune di quelle contenute nel monologo della scena ottava -, alle quali è affidato il senso, il significato più profondo, della tragedia. Una precisazione: la scena ottava è storicamente infondata; dopo la vittoria di Carlo Magno,...
Leggi tuttoAdelchi del Manzoni: critica e autocritica
La tragedia venne pubblicata per la prima volta nel 1822, e tradotta in Francia e in Germania. Qui conobbe un successo particolare, grazie all’entusiasmo e all’ammirazione che suscitò in Goethe (grande studioso di lingue, naturalista, scrittore e poeta), un intellettuale di spicco nel panorama culturale dell’epoca. Quello che secondo Goethe è degno infatti della massima approvazione è che “egli [sc. il Manzoni] abbia [...] prestato a personaggi d’un’epoca semibarbara, una mentalità e dei sentimenti d’una delicatezza quale non può produrre che la più alta cultura religiosa e morale dei tempi nostri”. Si pensi all’estremo atto di silenziosa protesta di un’Ermengarda, donna innamorata e tradita per la sete di potere, “la ragion di...
Leggi tuttoAdelchi del Manzoni: l’interesse per la storia
Il Manzoni inizia a scrivere l’Adelchi nel Novembre del 1820. La tragedia è ambientata in Italia, alla fine del secolo VIII: la dominazione longobarda sta per giungere al termine, con la conquista della città di Pavia da parte dei Franchi di Carlo Magno. Adelchi, figlio del re longobardo Desiderio, dopo aver in un primo tempo cercato di evitare la guerra (causata dalle solite brame di potere), vi si sottomette per amore verso il padre e combatte valorosamente fino alla morte. Le sue ultime parole, rivolte a Desiderio sconfitto (in presenza del nuovo re Carlo Magno), costituiscono il distillato della morale sottesa a tutta la vicenda: nel mondo ci sono solo vincitori o vinti, l’uomo di potere o procura il male o lo subisce. Dunque, l’aver perso il trono...
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